Il costo dell’investimento in fondi.

Pubblicato il 02/05/2019 - Luigi Carta
L'investimento in fondi risente di due componenti di costo, una indiretta e una diretta che, complessivamente, erodono il rendimento ex-post. Quanto incide il costo nell'investimento in fondi? Banca d'Italia e Consob trattano l'argomento in due studi distinti: Il costo totale dell’investimento in fondi comuni (Banca d'Italia, settembre 2017) e Il costo dei fondi comuni in Italia (Consob, gennaio 2018).

I costi complessivi associati all’investimento in un fondo comune aperto comprendono i costi che gravano sul fondo e quelli indirettamente imputati ai sottoscrittori:

  • I costi indirettamente sostenuti dai sottoscrittori vengono periodicamente decurtati dal valore delle quote del fondo comune. Questi oneri sono denominati Total Expense Ratio (TER) e includono le commissioni di gestione e di incentivo, la remunerazione della banca depositaria e gli altri oneri residuali.
  • I costi direttamente sostenuti dall’investitore includono le commissioni di ingresso pagate al momento della sottoscrizione delle quote e quelle di uscita pagate al momento del riscatto. Solitamente le prime decrescono con l’aumentare dell’entità dell’investimento mentre le secondo diminuiscono in funzione del periodo di permanenza nel fondo. Sono delle componenti opzionali in quanto non tutti i fondi ne prevedono l’applicazione.

Il Total Shareholder Cost (TSC) rappresenta il costo complessivo dell’investimento ed è dato dalla somma delle due voci di costo, diretti e indiretti. 

Tra il 2006 – 2016 il valore medio del TSC è stato pari all’1.58% del patrimonio complessivo dei fondi come riportato dallo studio Il costo totale dell’investimento in fondi comuni a cura di Banca d’Italia. Dopo il 2012 il peso delle commissioni di sottoscrizione/rimborso è cresciuto notevolmente e non è stato compensato da un calo delle commissioni di gestione. Questo si deve principalmente alla modifica nella composizione delle masse gestite che ha visto ridurre il peso dei fondi obbligazionari e monetari a vantaggio dei flessibili con obiettivi di rendimento più elevati spinti anche dal contesto di tassi negativi. In particolare si sono diffusi i fondi a scadenza predefinita caratterizzati da una struttura delle commissioni in cui gli oneri di rimborso sono particolarmente elevati nel caso di vendita delle quote prima della scadenza e per le stesse reti distributive hanno un maggior vantaggio perchè il pagamento delle commissioni avviene interamente al momento della sottoscrizione delle quote.

     

      Figura 1. Fonte Il costo totale dell’investimento in fondi comuni, Banca d’Italia, settembre 2017

Il peso delle due componenti del TSC, commissioni che gravano sul fondo e commissioni direttamente pagate dall’investitore, varia quindi anche in base alla tipologia di fondo. Le commissioni a carico dell’investitore sono più rilevanti nei fondi bilanciati, obbligazionari e flessibili rispetto ai fondi azionari e di liquidità.

Il rendimento dei fondi comuni, in media, nell’orizzonte analizzato è stato pari al 3.5%; sottraendo i costi direttamente e indirettamente sostenuti dagli investitori il rendimento si riduce al 2%.

      

      Figura 2. Fonte Il costo totale dell’investimento in fondi comuni, Banca d’Italia, settembre 2017

Circa il 70% delle commissioni complessive percepite dalle SGR, come riporta un altro studio condotto dalla Consob, viene assorbito dai costi di distribuzione e va quindi a remunerare le reti distributive esterne alla società di gestione quali sportelli bancari e consulenti finanziari. Le disposizioni più restrittive della normativa Mifid2 in materia di incentivi potranno determinare una revisione dei modelli distributivi e commissionali in essere sino allo scorso anno.

     

      Figura 3. Fonte. Il costo dei fondi comuni in Italia, Consob, gennaio 2018.

Il costo dei fondi di diritto italiano risulta comunque in linea con la media europea se si prendono in considerazione le sole classi retail. Tra i fondi comunitari infatti, e in modo particolare tra quelli lussemburghesi, è molto più elevato il peso delle classi rivolte agli investitori istituzionali che comportano minori costi sia perchè l’investimento minimo iniziale è più elevato e sia per i minori costi di distribuzione in quanto il loro collocamento implica una minore dipendenza dalle reti distributive esterne alla società di gestione.

Da Luigi Carta - Analyst and Sales presso Quantalys Italia.